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LA CORTE
Un grande corte chiude il lato nord del Palazzo, la dove nel medioevo era il borgo di Bagnolo che trovava protezione all’ombra del “castello piano” così veniva definito a quei tempi in distinzione dal “castello forte” in cima alla rocca dove tuttora si trova. Dal 1500 dopo che per ordine dei Savoia il paese fu ricostruito a valle, nella posizione attuale, il castello subì trasformazioni importanti che, da strumento di difesa, lo portarono a diventare dimora e residenza dei conti Malingri da tutti poi chiamato Palazzo.
La dove c’era il borgo divenne un cortile chiuso da edifici rurali, magazzini, fienili, stalla con al centro ancora quella che doveva essere la chiesa del paese e che poi divenne la cucina del Palazzo, chiamata “cucina vecchia”. Lo testimonia il bell’affresco sopra la porta gotica che rappresenta l’Annunciazione. La Lobbia un loggiato in leggio scolpito a mano si affaccia sopra la porta dell’Annunciazione. La scuderia per i cavalli e le carrozze sono conservate e visibili, tra queste anche un antico carro agricolo, modello dei carri che circolavano nel medioevo, fatto in legno lavorato a mano e con i ferri delle ruote fatte dal fabbro del feudo. Anche il pozzo coperto ancora in funzione, procura acqua sempre a fresca e buona scavato a circa 30 metri di profondità.
La facciata verso corte del Palazzo è austera e semplice, sull’ ingresso di una delle porte un dipinto in finta pietra porta una bella frase di benvenuto
AN OPEN DOOR AND A GREETING HAND
posta su suggerimento di una governante irlandese dei giovani conti Malingri.
Recentemente si è trovata anche traccia, e la si può vedere dopo il restauro, di come dovevano essere le finestre dell’antico castello, grandi, quadrate e circondate da cornice in terracotta.
La parte rurale con la stalla dal 2008, a causa della morte dell’ultimo contadino ha perso la sua valenza agricola, né mucche, né maiali, galline e conigli ravvivano più l’atmosfera del cortile, testimonianza dello stretto legame che nel sistema antico reggeva l’economia del feudo.
PARCO STORICO DEL PALAZZO
Dal cortile per una piccola porta si entra nel parco accolti dalla imponente mole dell’albero dei tulipani, fiori gialli in primavera (liriodendron tulipifera), la visione d’insieme spesso sorprende per la magia di ombre, luci, colori.
Il parco di impianto seicentesco, in stile formale con disegno e geometrie verdi e fiorite, segnato dalle siepi di bosso, carpino e tasso e dalla splendide gallerie di carpini fu rielaborato agli inizi dell’ 800 secondo canoni romantici divenuti di moda nelle corti di tutta Europa.
Ricordiamo che Coriolano Malingri di Bagnolo fu poeta “arcade”, degno discendente di Aimée (1399) poeta in lingua occitana, l’idea romantica rispecchiava anche la cultura dell’ Illuminismo piemontese.
Il parco si estende per circa due ettari ed è ricco di esemplari di alberi particolarmente alti, tra 40 e 50 metri, in modo armonioso convivono pinus nigra, pinus austriaca, cedri deodara, taxus bacata, metasequoie e poi faggi di varie qualità, querce, libocedrus, criptomeria japonica ed altri.
Il disegno dei sentieri percorre tutto il giardino chiuso da mura, i due grandi prati a cui fanno cornice gli alberi secolari, conifere e latifoglie di molte specie e collezioni di arbusti fioriti come rododendri, azalee, camelie, ortensie tutte quelle varietà che amano i terreni molto acidi.
Al centro del prato verso valle, una vasca ellittica in pietra detta “fontana dell’uomo verde” con riferimento a qualche favola di cui s’è persa memoria, offre rifugio a piccoli pesci e tritoni che brucano attorno ai gambi delle ninfee.
Il lungo viale dei carpini a galleria che sbuca sulla Cappella gentilizia di Ognissanti e quasi due chilometri di siepi tracciano il disegno più antico del parco che sconfina con la collina del Castello segnato dall’ombroso rio Mondarello su cui si piegano boschetti di bambous.
Le cosiddette “tampe dei cervi”, (che vi venivano allevati nell’800 come animali “romantici”) solcate da un ponte in pietra e la torretta chiamata “casa del bau”, caratteristica costruzione a pianta circolare un po’ torre, un po’ luogo di meditazione e di frescura movimentano l’impianto pianeggiante del giardino e lo rendono misterioso e suggestivo.
Il parco fa parte del circuito Grandi Giardini Italiani.
La collezione di arbusti fioriti che in ogni generazione I proprietari hanno privilegiato e aumentato è una caratteristica interessante del parco da scoprire nelle stagioni.
AFFRESCHI E CAPPELLE
In pieno periodo rinascimentale il Castello Piano (Palazzo) si arricchì di splendidi affreschi a decorazione della facciata sud: visibili oggi, dopo essere stati riportati alla luce nel 1994 da un bel restauro ad opera del prof. Antonio Rava.
Si tratta della rappresentazione con la tecnica chiamata “en grisaille” (simili e più importanti esempi a Casa Cavassa a Saluzzo) di guerrieri in armatura da parata che erano posti a fianco della 3 grandi finestre a crociera in cotto, ne rimangono 4 parzialmente conservati. Venivano chiamati i LANZICHENECCHI forse perché nel 1500 i lanzichenecchi erano le truppe mercenarie di origine tedesca più ben armate ed agguerrite e dovevano intimorire i nemici anche solo in effige!
Sempre sulla facciata sud incorniciata da un edicola di struttura ancora prettamente gotica la dolcissima Madonna con Bambino attribuita al pittore Jacopino Longo allievo di Macrino d’Alba, 1530 circa.
Una fascia di decorazione elegante con curiosi medaglioni rappresentanti figure simboliche segna sulla facciata il primo ed il secondo piano oggi non più esistente, demolito forse per qualche incidente, incendio o altro e sparito nella trasformazione a Palazzo.
CAPPELLA DI SAN SEBASTIANO
Il ciclo più importante di affreschi conservati nel territorio del feudo di Bagnolo sono sicuramente quelli che si possono ammirare nella cappella di San Sebastiano che si trova nel seminterrato sotto la facciata rivolta a valle.
La cappella doveva essere un piccolo edificio facente parte dell’antico borgo di Bagnolo demolita in parte per costruire la nuova facciata del castello/palazzo in epoca seicentesca contemporaneamente alla creazione del giardino.
Il giardino essendo costituito da terreno di riporto rispetto al naturale declivio preesistente si alza di due metri dal livello e dunque interra la cappella che viene parzialmente demolita. Se ne conserva all’interno della manica nuova, la parte posteriore, l’abside, che rimane quindi inglobata nell’edificio del Palazzo.
Il restauro eseguito nel 1994 ad opera del prof. Antonio Rava ha consolidato quello che rimaneva del magnifico ciclo della Passione eseguito intorno alla seconda metà del quindicesimo secolo, da quello che oggi gli storici dell’arte chiamano “il Maestro del Villar” con ogni probabilità si trattava di Giovanni Canavesio e dei suoi allievi.
La cappella ha pianta rettangolare ed è coperta da volta a sesto acuto.
Il ciclo in 12 riquadri raccontava in modo commovente ed impressionante la PASSIONE DI CRISTO, la Cappella era affrescata da terra a soffitto, e portava decorazioni eleganti al di sotto delle rappresentazioni pittoriche con gli stemmi della famiglia Malingri. S’intravede ancora il drappeggio rosso orlato di ermellino, che indicava l’appartenenza ad una famiglia nobile.
Nel restauro inglobati nel muro della facciata si sono portati alla luce due raffigurazioni intatte e ben conservate: a destra dell’ultima cena, a sinistra del giudizio di Pilato, personaggio che si vede nell’atto lavarsi le mani con un curioso cappello a cono.
Le scene visibili oggi del ciclo rappresentano, a sinistra: 1) Ultima Cena, 2) Cattura, 3) Orazione nell’Orto, 4) Lavanda dei Piedi;
a destra : 5) Cristo davanti a Caifa, 6) Flagellazione, 7) Pilato che si lava le mani, 8) Salita al Calvario, 9) Crocifissione, 10) Deposizione;
Sul muro di testa in centro: San Sebastiano, cui è dedicata la cappella, affiancato da due figure non ninbate ( senza l’aureola) uomo leggente un libro, giovane armato di spada; a destra, San Bernardino da Siena e Santa Chiara. Al di sopra (nella lunetta): in centro, stemma non più leggibile; a destra, resti di una probabile Deposizione nel Sepolcro.
Interessante notare, al di sopra del giovane armato, la scritta “B Berna(rdus)” che potrebbe riferirsi al Beato Bernardo di Baden, protettore di Moncalieri, ivi morto nel 1458 e subito venerato, per fama di miracoli, dalla Duchessa Jolanda che ne promosse, poco prima di morire (1478), la beatificazione.
La Collegiata di Santa Maria di Moncalieri conserva una tavoletta che rappresenta, in analogia a questo affresco, il Santo come giovane guerriero in armatura; il tempo di esecuzione non ne dovrebbe differire molto e dà indicazioni sulla datazione degli affreschi.